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Jeremy Serwer "Times New Roman" - Conseguenze del progresso

  • Immagine del redattore: Sonia
    Sonia
  • 19 lug
  • Tempo di lettura: 2 min

Jeremy Serwer, cantautore e narratore, torna con il suo nono album in studio, "The Nines", un'odissea sonica attraverso l'horror, la fantascienza e la psiche umana: un ambizioso concept di 18 tracce che mescola visioni cinematografiche, atmosfere distopiche e riflessioni esistenziali.


Jeremy è un artista in continuo movimento. Dal 2020 ha pubblicato tre album e due EP, spingendo costantemente i confini del suo linguaggio musicale. Il recente EP "Vermin" (marzo 2024), realizzato con il produttore britannico George Shilling e il trombettista Gary Alesbrook, conferma il suo spirito collaborativo e la voglia di sperimentare. Prima ancora, "Lesser Humans" aveva ricevuto ampi consensi per la sua capacità di raccontare le crisi del nostro tempo attraverso suoni ricchi e stratificati, con il contributo di musicisti del calibro di Mikey Rowe, Tim Lefebvre, Phil Madeira e altri.


Nel 2023 ha esplorato nuove sonorità con ITHOOL, un singolo in due parti creato con Paul Beaudry e Matt Johnson (già batterista di Jeff Buckley), dove rock ed elettronica si fondono in un equilibrio vibrante. Un anno prima si era immerso in una produzione più artigianale a Lafayette, in California, insieme a Jacob Light, suonando personalmente quasi tutti gli strumenti. Durante la pandemia, ha invece reso omaggio alla sua città adottiva con un album strumentale, un affascinante ritratto sonoro dei suoi quartieri e dei suoi paesaggi più iconici.


Con alle spalle oltre vent'anni di carriera, continua a distinguersi per una scrittura che unisce profondità emotiva e consapevolezza sociale. Ex medico militare in Corea e operatore sociale negli Stati Uniti, trasforma le sue esperienze di vita in canzoni che parlano di umanità, lotta e speranza. La sua musica si muove tra rock, folk, jazz e americana, e ricorda per intensità quella di artisti come Steve Earle, Bruce Springsteen e Jeff Buckley.


"The Nines", scritto e registrato nell'ultimo anno, è il frutto di collaborazioni a distanza che attraversano fusi orari e continenti. “Le canzoni sono emerse quasi da sole, come racconti cosmici”, racconta Jeremy. Horror psicologico, fantascienza vintage, ironia surreale e riflessioni sull'identità si intrecciano in un disco che è al tempo stesso personale e universale.


Tra i collaboratori spiccano il batterista Leor Manelis, Gary Alesbrook alla tromba, le voci evocative di Jenn Dashney e Cortnee Langlie, e Gawain Mathews, che ha curato mixaggio, mastering, chitarre e tastiere. Il risultato è un album che sfugge a qualsiasi definizione rigida, muovendosi tra alt-rock, atmosfere cinematiche e narrazione musicale.


Il singolo Times New Roman, uscito il 6 giugno, è una delle tracce simbolo dell'album. Scritto in metrica dispari, riflette sulla lenta scomparsa della carta stampata e sulle conseguenze di un'informazione sempre meno fondata sui fatti. Musicalmente, il brano fonde future rock con elementi prog e sperimentali, restituendo un senso di urgenza e disorientamento perfettamente in linea con i tempi.






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