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Dubh Lee "Holly Would" - Psico orrore della femminilità


Dubh Lee è una chitarrista e cantautrice irlandese emersa sulla scena musicale di Dublino nel 2018 con il suo vivace soggiorno all'International Bar, e da allora ha intrattenuto innumerevoli spettatori in tutta l'Irlanda. Con influenze ad ampio raggio dal folk, blues e rock e uno stile vocale disadorno e onesto, scrive canzoni che esaminano l'eccesso, la noia, l'angoscia e la femminilità.


Dubh si è esibita in festival ed eventi come Ruby Sessions, Electric Picnic, Fuinneamh e il festival Rory Gallagher a Ballyshannon, oltre a spettacoli intimi di apertura per artisti come Jack Lukeman, Jerry Fish e Bagatelle. Ha supportato la band jazz Jimmy's Cousin nel loro tour irlandese, che includeva esibizioni al The Set Theatre di Kilkenny, Dolan's a Limerick e The Sugar Club a Dublino. Senza paura di sperimentare con il genere, la voce di Dubh è apparsa sulle tracce di artisti hip-hop e drum'n'bass e i suoi spettacoli dal vivo sono dinamici, con delicate melodie acustiche che si sviluppano su intense chitarre elettriche per far saltare la folla. Nel 2020 ha pubblicato Carousel, uno stomp bluesrock con un video musicale psichedelico e temi di dissolutezza e disperazione.


Il suo album di debutto "Animals and Friends" uscirà il 28 aprile e sarà preceduto da due singoli; l'EP a 4 tracce esplora la misoginia interiorizzata e le disavventure romantiche dell'artista, con influenze sonore vecchie e nuove. L'uscita sarà accompagnata da un tour acustico irlandese, con nove spettacoli in più contee fino ad aprile.


Holly Would, registrato agli Hellfire Studio di Dublino, è il secondo singolo dall'EP. Una straziante canzone folk che esplora gli abusi domestici e il patriarcato, di cui la cantante afferma: "è semplice e cupa ed è stata scritta come una forma di catarsi, un modo per me di esprimere alcune grandi emozioni in modo conciso, che si risolve in gemiti e sospiri senza parole. È una canzone cupa ma provo sempre una certa liberazione quando la canto".


Dal punto di vista sonoro la canzone è semplice; chitarra acustica pizzicata con solenne accompagnamento di pianoforte eseguita dal pianista Joshua Murtagh. La cantante continua: "Ho scritto la melodia di questa canzone parecchi anni fa e da allora ho rivisto il testo più volte, stabilendomi finalmente su queste parole perché sento di aver finalmente catturato ciò che stavo cercando di descrivere: il banale psico orrore della femminilità. Accenna agli abusi domestici così come all'oppressione sistemica e finisce con una rassegnazione senza speranza".



 



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